Corso di scrittura 2015

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Durante la serata finale del Premio Letterario 2015 è stato premiato il miglior incipit tra quelli prodotti dai partecipanti al corso. L'Associazione ringrazia i partecipanti e i docenti Enrico Valenzi e Paolo Restuccia della Scuola Omero

Pubblichiamo qui il testo vincitore di Margherita Anselmi

 

 "Capelli" di Margherita Anselmi

-   Vie’, vie’ qua Caterì. Te pettino je.

Giovannona era brava per quelle cose. "Una signorina senza impegni", diceva la mamma. Passava pomeriggi interi a laccarsi le unghie, leggere fotoromanzi e fumare di nascosto chiusa in bagno. Caterina si faceva pettinare volentieri da Giovannona e lei le passava le mani grassocce sui capelli con delicatezza, districava i nodi e poi le faceva i boccoli arrotolandosi al dito una alla volta le ciocche che aveva pettinato. I capelli davanti li portava da una parte e ci annodava un bel nastro azzurro e quando tornava giù dalla mamma, tutta ben sistemata e soddisfatta, lei le diceva con una punta sottile di gelosia, che comunque Caterina non distingueva:

-Bè certo, che tè da fa Giovanna!

Ma la storia non poteva durare, a ottobre Caterina doveva andare in prima elementare e mica ogni mattina si poteva ripetere quella sceneggiata. Così un giorno  il papà la portò dal barbiere. Il cavalluccio aveva un sedile come quello delle biciclette, il muso era d’acciaio e aveva le briglie e due occhi minacciosi. I bambini distratti da lui si facevano passare il rasoio sulla testa senza urli e calci, il loro gioco aveva la durata del tempo che il barbiere ci metteva a passare il rasoio e finiva quando ormai le proteste non servivano più e si restituiva alla strada un bambino nuovo di zecca con una  bella boccia pelata.
Con lei usò solo le forbici. Caterina era distratta e frastornata, con i suoi grandi occhi azzurri guardava lo specchio, vedeva lei su quel cavalluccio e le mani del barbiere che filtravano i suoi capelli e poi sentiva il rumore delle forbici: “zac  zac”,  come i cigolii del letto certe notti più regolari che sentiva mentre dormiva accanto al padre e alla madre; “ zac zac“, come il rumore dei  tarli che abitavano nell’armadio, il fratello le aveva detto che erano i fantasmi e lei dormiva tutta nascosta con le coperte sulla testa e certe volte piangeva; “zac zac”, come il rumore della carta delle caramelle che si appiccicava allo zucchero e lei staccava piano, piano… “Zac zac” e per terra cadevano tanti fili dorati sparsi qua e là nelle mattonelle puntinate e fredde della barberia. Quando si guardò allo specchio e vide un’altra sé, Caterina aveva sentito un magone nello stomaco che piano le era salito in gola, non aveva un nome, né una collocazione. Era là, come un leggero fastidio che le raspava la gola. Quando scese dal cavalluccio lo guardò dritto negli occhi e le sembrò un mostro, anche il barbiere le sembrò un mostro. Quelle sforbiciate l’avevano resa insignificante e quella bambina nuova che era diventata non le piaceva per niente.

Motivazione: tra i tanti incipit di valore emersi dal laboratorio "Come si scrive un romanzo", abbiamo scelto "Capelli" di Margherita ... E' un attacco romanzesco che ha il pregio di un'immediata capacità di ambientazione e un ottimo senso del ritmo, spinto dalla progressione di una scena apparentemente comune ma che diventa decisiva per la bambina protagonista: la progressione drammatica di un taglio di capelli. Le sforbiciate del barbiere fanno un rumore ipnotico e pauroso che non preannuncia nulla di buono, suscitando nel lettore la voglia di continuare a leggere.